LETTERA APERTA AL DIRETTORE DE “IL FATTO QUOTIDIANO” Stampa
Scritto da Administrator   
Martedì 14 Novembre 2017 18:32

Egregio Direttore,

Sono un lettore de Il Fatto Quotidiano che considero l’unico giornale veramente indipendente oggi in Italia. Capirà il mio stupore nel leggere l’articolo del 12/11/2017 dal titolo: Atac: i macchinisti “infedeli” sabotano la metro di Roma. Sono un dipendente di Atac,  ricopro anche la carica di Segretario Provinciale di ORSA TPL, e come dicevo in premessa considero il Suo giornale un raro esempio di come dovrebbe essere fatto il mestiere di giornalista in un paese normale. Ormai la stampa tutta o quasi è fatta di pennivendoli che mettono la loro arte di scrittura e sintesi, a disposizione di un padrone (editore o politico) che li utilizza come mezzo persuasivo della pubblica opinione per arrivare ad un torna conto personale o di partito o di comitato di affari.  

Atac non fa certo eccezione.  Come Lei ben sa è una delle aziende di trasporto pubblico più grandi di Europa, che è stata spolpata fino all’osso da una classe politica/dirigenziale/sindacale.  Da tempo però i media affrontano la questione Atac attraverso un angolatura bizzarra. Non Le sarà sfuggito l’accanimento con cui alcuni giornali o trasmissioni televisive sono andati alla ricerca di singoli episodi, sicuramente deprecabili, per confezionare servizi che alla fine tendevano a rappresentare un’azienda preda di lavoratori dediti a tutto fuorché a lavorare. Insomma se Atac si trova in queste condizioni, visto quel che fanno i lavoratori, non poteva andare diversamente.

Io lavoro in questa azienda (che ha subito vari cambi di sigla) dal 1979. Mi creda ne ho viste di tutti i colori. La politica romana ha utilizzato queste aziende come il suo bancomat di voti e finanziamenti. Sinistra e successivamente la destra, hanno fatto la stessa cosa: spolpato un bene pubblico. Un assalto alla diligenza compiuto attraverso una commistione di interessi, politici, sindacali e di comitati di affari.  Ma di questo poco si parla. Si preferisce gettare la croce addosso alla parte più debole: i lavoratori. Quelli che in questi 30 anni hanno permesso alle aziende di TPL romano di effettuare un servizio dignitoso mentre chi avrebbe dovuto organizzarlo e finanziarlo era in tutt’altre faccende affaccendato.

Leggerà anche Lei le quotidiane notizie che riportano di aggressioni subite da colleghi in servizio sui bus o nelle metropolitane. Ormai sta diventando lo sport preferito dei balordi romani. Le loro vigliacche bravate le scaricano contro lavoratori inermi convinti di suscitare l’approvazione generale   per essere i giustizieri dei responsabili di un servizio pessimo. Un po’ quello che succede con i poveri extracomunitari. La stampa istiga e i cretini agiscono.  Un clima pericoloso per chi indossa la divisa della azienda creato principalmente da articoli e servizi che poc’anzi dicevo. Capirà che impatto può avere per la pubblica opinione un titolo come quello posto a cornice dell’articolo di Luca de Carolis.

Vista la situazione al Suo titolista non è passato per la mente che un siffatto titolo potesse in qualche modo aggravare la condizione di estrema insicurezza dei lavoratori Atac? E poi. Il Fatto Quotidiano ha abituato i suoi elettori a riportare nelle sue inchieste il parere delle due campane. In questo caso ha fatto a meno di quella dei lavoratori preferendo   costruirla   solo sulla velina carpita(?) all’azienda.

Mi permetta di darle alcune informazioni che evidentemente al Suo giornalista ingolosito dallo scoop qualcuno ha tralasciato di dare e lui di chiedere: Il macchinista ha la responsabilità del treno che conduce. E’, a tutti gli effetti, il responsabile legale del mezzo. La delicatezza della sua posizione la si può capire con piccoli esempi. Un treno in servizio con i fanali di posizione (quelle che vedete davanti alle vetture) spenti.  Si è portati a pensare a motivi pretestuosi se il macchinista procedesse allo scarto del treno.   Se, poi, dovesse accadere che una persona decidesse di suicidarsi sotto quel treno il magistrato, nelle pieghe dell’inchiesta, chiederebbe conto di quelle luci spente e del perché il macchinista a conoscenza del guasto non abbia provveduto allo scarto del treno come previsto dal regolamento circolazione treni, con conseguente apertura di un fascicolo d’indagine per il macchinista. Se un treno ha il parabrezza che, a causa di detergenti utilizzati o di una pulizia inadeguata, si è deteriorato anche lievemente ma non permette di avere una visione completa della segnaletica, qualsiasi incidente che dovesse accadere collegato a questa anomalia, potrebbe comportare conseguenze giudiziarie per il lavoratore.  Se lo specchio laterale retrovisore è deformato e non permette di vedere completamente l’incarrozzamento dei passeggeri delle ultime carrozze e qualcuno dovesse rimanere schiacciato dalle porte e, peggio ancora, venire trascinato le conseguenze giudiziarie per il lavoratore sarebbero molto serie.  

Infine: nel Contratto Nazionale Autoferrotranvieri sottoscritto dai sindacati confederali, il lavoratore adesso è chiamato a rispondere personalmente a livello economico dei danni procurati (quindi anche degli eventuali risarcimenti) in un eventuale incidente. Questi sono solo piccoli esempi che nella quotidianità si trovano ad affrontare e decidere i macchinisti delle nostre metro.   

Direttore una domanda: Lei al posto di uno di loro come si comporterebbe?

Non Le nascondo che ci sono macchinisti che fanno servizio comunque, ma assumendosi rischi che altri non vogliono giustamente correre e, aggiungo, in un paese normale non dovrebbero mai correre. 

Poi c’è l’atteggiamento dell’azienda che di fronte ai guasti  ed alle anomalie segnalate da una parte avvia dei procedimenti disciplinari contro i macchinisti rei di chissà quale inadempienza (ma questa è una partita che si giocherà nelle sedi opportune), una forma di pressione sul personale per indurlo a non scartare i treni e dall’altra però ammette l’anomalia delle forti luci dei segnali riflesse  dai parabrezza contestati nella tratta della B1 che non permettevano al macchinista di distinguere l’aspetto dello stesso,   provvedendo in questi giorni ad abbassare l’intensità della luce emessa da questi segnali. Così come sta provvedendo alla sostituzione degli specchi laterali e dei parabrezza deformati, riconoscendo in tal modo le problematiche all’origine delle soppressioni dei treni.  Questo è il quadro generale. E’ chiaro che la maggior parte dei cittadini ignora completamente le norme che regolano la circolazione dei treni e, soprattutto i rischi che queste comportano al lavoratore se non le rispetta.

Sta al giornalista confezionare un articolo che riporti la questione in tutti i suoi aspetti.

Che poi è la differenza tra un pennivendolo e un giornalista.

Grazie per l’attenzione,

Massimo Dionisi

Segretario Provinciale Roma di Or.S.A. TPL